Start website main content

  • Istituto di Scienze della Vita

COP26: domande e risposte a cura di Roberto Buizza, fisico dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Sant’Anna, sulla più importante conferenza dedicata al clima. Dalla deforestazione all’aumento della temperatura: i temi al centro del dibattito

Publication date: 20.10.2021
Image for roberto-buizza-.jpg
Back to Sant'Anna Magazine

Sei domande e altrettante risposte sulla COP26, la più importante conferenza mondiale dedicata al clima, organizzata dalle Nazioni Unite, in corso a Glasgow fino al 14 novembre, a cura di Roberto Buizza, fisico dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant'Anna. Minore utilizzo del carbone, deforestazione, impegni da mantenere, contenimento dell’aumento della temperatura sono alcuni dei temi al centro di questo contributo a firma di Roberto Buizza. Una guida agile per comprendere temi chiave al centro del nostro futuro.

·         Come giudicare questi primi giorni che spostano sempre più in là gli obiettivi?

“Penso che, purtroppo, anche questa volta i passi sono troppo corti. Riconosco che vanno nella direzione giusta, ma mancano accordi per azioni immediate: 5-7% di riduzione delle emissioni in media a partire idealmente dal 2021, ma sicuramente dal 2022. Manca un accordo, ad esempio, su una tassa globale minima sulle emissioni che possano spingere tutti a ridurre emissioni. Mancano indicazioni precise su come i politici (che sottoscrivono gli accordi) pensano di ottenere gli obiettivi a lungo termini di cui parlano”.

·         Si legge di uno lo stop alla deforestazione entro il 2030: non è troppo tardi?

“Si, anche qui aspettare fino al 2030 è troppo tardi. Occorre fermare la deforestazione ora. Un articolo pubblicato su Nature a luglio dice che a causa dello stress idrico, all’aumento della temperatura e l’estensione della stagione secca, parte dell’Amazzonia sta già comportandosi come una sorgente di CO2. Emette più di quella che assorbe, ad indicazione che il polmone verde del mondo sta trasformandosi pericolosamente in una sorgente di emissioni di gas serra.. Un messaggio simile era venuto da una conferenza organizzata da 80 Università Italiane e UK a maggio, Climate EXP0, che aveva visto noi della Scuola Superiore Sant’Anna come co-organizzatori, assieme alle Università Italiane della Rete delle Università per la Sostenibilità (RUS), e ai colleghi inglesi della ‘UK COP25 Network. Anche in quell’occasione molti studi avevano mostrato che il ruolo che la natura ha giocato fino ad ora nell’assorbire la CO2 potrebbe cambiare. Sto parlando non solo delle foreste ma anche degli oceani. Ci sono sempre più indicazioni che foreste ed oceani sotto stress, riducano la loro capacità di assorbire la CO2 emessa dell’uomo. Questo a causa del continuo riscaldamento. L’effetto nei prossimi anni di questa riduzione della capacità di assorbimento potrebbe tradursi in un’ulteriore accelerazione del riscaldamento. La natura (si parla di ‘Nature Based Solutions’) ci può aiutare solo se noi la mettiamo in grado di farlo. Purtroppo, con queste continue tendenze di crescita delle emissioni ed il conseguente continuo riscaldamento, stiamo compromettendo le sue capacità di reazione”.

·         E’ recente la notizia che entro il prossimo decennio oltre 40 paesi si sono impegnati ad abbandonare il carbone. Ma restano fuori dall’accordo India, Cina e Stati Uniti, i paesi più inquinanti al mondo. Che indicazioni dobbiamo trarre?

“Purtroppo, anche questa è un’altra indicazione di quanto forti siano gli interessi in gioco. Del potere di chi non vuole questa nuova rivoluzione industriale che porterà ad un mondo migliore, a lavoro, a crescita, ma con sempre meno emissioni di gas serra. E con sempre meno inquinamento, con chiari benefici per la salute di tutti. Gli Stati Uniti, che emettono pro capire circa 15 ton/anno, contro le 7 della Cina e le 6.5 dell’Europa, e le 1.8 dell’India, dovrebbero essere i primi a dimostrare come si possa disaccoppiare crescita economica dalla crescita delle emissioni. Guardiamo la situazione a casa nostra: in Italia si continua a produrre circa 8-10% dell’energia elettrica con il carbone. Cosa aspettiamo a rimpiazzare tali produzioni con energie alternative? O a ridurre i fabbisogni energetici rendendo i processi produttivi più efficienti e riducendo i consumi? E’ dal 2015, da COP21 di Parigi, che sappiamo che questi passi andavano intrapresi, ma anche qui, a casa nostra, si continua a parlare di obbiettivi futuri”.

·         Come vincolare i paesi per fare in mode che tengano fede ai loro impegni?

“Con il bastone e la carota. Ad esempio, ho parlato prima di una tassa globale sulle emissioni. Che tutti i paesi definiscano che ogni ton CO2 venga tassata a valori sufficienti (>$75) per spingere la trasformazione. E che tutti i paesi si mettano d’accordo di utilizzare i proventi di questa tassa per aiutare la trasformazione, dando priorità a quei paesi che ad oggi hanno contribuito meno al problema (individuabili guardando alle emissioni pro capita dal 1990 ad oggi). Al G20 ospitato a Roma i governi si sono impegnati ad imporre una tassa minima sulle corporazioni. Perché’ non cercare di ottenere a COP26 un accordo che imponga una tassa globale sulle emissioni di gas serra di almeno $75 per tonnellata di CO2, con i proventi da utilizzare per aiutare i paesi che meno hanno contribuito al problema, che sono più colpiti ed hanno meno risorse per adattarsi?”

·         L’ONU ha avvertito: l’obiettivo di mantenere la temperatura globale entro i 2 gradi puntando a 1.5 sembra fallito comunque. E’ già tardi. Cosa dovremmo fare per restare sotto a 1.5 gradi di riscaldamento?

“Troviamo la risposta nell’ultimo rapporto IPCC pubblicato ad agosto. Per contenere il riscaldamento al di sotto di 1.5°C (oggi siamo a circa 1.2°C) dobbiamo iniettare nell’atmosfera meno di 650 Gt di gas serra. Quest’anno emetteremo circa altre 45 Gt. Se continuiamo così è molto probabile che supereremo 1.5°C in 15 anni. Se invece ogni anno ridurremo le emissioni del 7% a partire dal 2022, è molto probabile che riusciremo a contenere il riscaldamento al di sotto di 1.5°C”.

·         Secondo un nuovo studio del 2021 le emissioni nocive rimbalzeranno rispetto all’anno della pandemia aumentando del 4.9%. Cosa significa?

“Le emissioni del 2020 sono state di circa l’8% più basse che quelle del 2019. Quindi questi dati significano che nel 2021 le emissioni saranno circa il 3% al di sotto di quelle del 2019. Nel 2022, se non disaccoppiamo la crescita economica dalla crescita delle emissioni e le economie mondiali continueranno a crescere come quest’anno, le emissioni saranno del 2% più alte che nel 2019. E quindi nel 2023 del 8% più alte. Purtroppo, queste tendenze renderanno quasi impossibile contenere il riscaldamento al di sotto del 1.5°C, e molto improbabile riuscire a contenerlo al di 2°C.”

In copertina: Roberto Buizza.