Dai gusci di mandorla una soluzione innovativa per l’elettronica green. La nuova scoperta in uno studio coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Un team di ricerca guidato da Francesco Greco, professore associato di bioingegneria, ha dimostrato la possibilità di produrre circuiti e sensori completamente bioderivati e biodegradabili utilizzando gusci di mandorla
Trasformare gusci di mandorla in elettronica biodegradabile. Non è fantascienza, ma il risultato di uno studio coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e pubblicato sulla rivista Advanced Functional Materials. Un team di ricercatrici e ricercatori guidato da Francesco Greco, professore associato di bioingegneria, ha dimostrato la possibilità di produrre circuiti e sensori completamente bioderivati e biodegradabili utilizzando gusci di mandorla.
Lo studio, realizzato nell’ambito del progetto LIGASH (Laser Induced Graphene from waste Almond Shells), finanziato dal MUR, è stato realizzato grazie al contributo dell’azienda DAMIANO Organics SpA, leader mondiale delle mandorle biologiche. Si tratta di una collaborazione interdisciplinare tra due Istituti di ricerca della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa: l’Istituto di BioRobotica con il gruppo coordinato da Greco e l’Istituto di Produzioni Vegetali con Luca Sebastiani e Alessandra Francini, rispettivamente professore ordinario e RTT di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree. Il team si è inoltre avvalso della collaborazione con Graz University of Technology e l’Istituto Italiano di Tecnologia per alcune analisi sperimentali.
Nello specifico, i gusci di mandorla sono stati utilizzati come materia prima per la produzione sostenibile del cosiddetto Laser Induced Graphene (LIG): un materiale altamente conduttivo ottenuto attraverso l'irraggiamento laser di materiali ricchi di carbonio.
“Lo studio rappresenta un ottimo esempio di upcycling: convertire i rifiuti biologici privi di valore commerciale in una risorsa. È un passo significativo verso un’elettronica più sostenibile, con possibili applicazioni nella creazione di dispositivi elettronici degradabili che eviteranno la formazione di microplastiche e rifiuti elettronici, riducendo al minimo l’impatto sull’ambiente” dichiara Francesco Greco, coordinatore dello studio.
Perché i gusci di mandorla
I gusci di mandorla sono un abbondante e voluminoso scarto agroalimentare, il cui smaltimento è economicamente svantaggioso e per il quale non esistono ad oggi processi di valorizzazione che possano trasformarlo in materie ad alto valore aggiunto.
Grazie a DAMIANO Organics SpA, che ha messo a disposizione i gusci di varie tipologie di mandorle, i ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna hanno dapprima determinato la caratterizzazione chimica dei vari gusci, evidenziando l’alta concentrazione di lignina, polimero organico ottimo precursore del grafene; successivamente, attraverso la combinazione tra polvere di gusci di mandorla e chitosano (un biopolimero derivato dai gusci di crostacei), sono stati realizzati film flessibili, ottimizzati come substrato per l’elettronica e come precursori del Laser Induced Graphene. I materiali si sono rivelati completamente biodegradabili nel suolo in circa 90 giorni.
“Abbiamo scritto il LIG con due tipologie di laser (ultravioletto e infrarosso). I materiali ottenuti sono stati impiegati con successo per realizzare circuiti e sensori: in particolare, vari elementi circuitali (resistenze e capacità) e un sensore di umidità” dichiara Yulia Steksova, Phd student della Scuola Sant’Anna e prima autrice dello studio.
Un nuovo paradigma per l’elettronica sostenibile
Il composito bioderivato in forma di film, rispetto al materiale grezzo, si è dimostrato più adatto per applicazioni di elettronica flessibile e biodegradabile. Questo apre la strada alla realizzazione di dispositivi elettronici a impatto zero, come sensori ambientali o medici destinati a degradarsi in maniera naturale dopo l’uso.
Oltre agli sviluppi nel campo dei circuiti e dei sensori, i ricercatori hanno individuato nel composito una potenziale alternativa alla pelle conciata: modificando la composizione, è possibile ottenere infatti un materiale flessibile, resistente, in grado di essere cucito e dall’aspetto simile alla pelle naturale.
Sono inoltre in corso sperimentazioni con altri scarti della lavorazione delle mandorle, come le pellicine, e con gusci di altra frutta secca (nocciole, pistacchi): i risultati preliminari sono promettenti. Un’ulteriore evoluzione del progetto riguarda l’esplorazione della stampa 3D di materiali analoghi, per la produzione di dispositivi personalizzati su scala.
“Ci piacerebbe applicare questi risultati allo sviluppo di dispositivi per il monitoraggio ambientale. Ad esempio, per l’umidità dell’aria e del suolo, qualità dell’acqua e altro ancora, in un’ottica davvero circolare, sviluppato dalla natura per la natura. Il nostro desiderio è anche quello di contribuire alla crescita della comunità scientifica: speriamo che questo metodo stimoli altri ricercatori a concentrarsi su materiali completamente naturali e degradabili” spiega Yulia Steksova.
“Oltre ad essere un progetto che unisce due anime della Scuola, LIGASH ci ha permesso di dimostrare come la ricerca e l’innovazione siano validi strumenti per rendere l’Agricoltura un processo sempre più sostenibile. In questo caso, riciclo degli scarti e loro trasformazione in sensori biodegradabili ed a basso costo. Dopo aver caratterizzato le matrici vegetali in questo studio, in futuro valuteremo l’applicazione in campo di questi sensori” dichiara Luca Sebastiani, professore dell’Istituto di Produzioni Vegetali.