Protezione dei dati personali, lo studio di due ricercatrici dell’Istituto Dirpolis citato nelle conclusioni dell’Avvocato Generale Spielmann in una causa di rinvio pregiudiziale presso la Corte di Giustizia UE

Un importante riconoscimento per la ricerca giuridica dell’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa arriva dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Le conclusioni presentate dall’Avvocato Generale Dean Spielmann in una causa di rinvio pregiudiziale citano uno studio presentato da due ricercatrici del Lider Lab, Francesca Gennari e Federica Casarosa, incentrato sulla condivisione dei dati sanitari e sulle implicazioni della loro qualificazione come dati personali.
Il caso di un gruppo di atleti austriaci
La causa in oggetto (C-474/24) riguarda il tema dell'applicabilità o meno del regolamento per la protezione dei dati personali sul caso di un gruppo di atleti austriaci che ha contestato la pubblicazione sul sito dell’autorità nazionale antidoping dei propri nomi, con riferimento alla violazione commessa, alla sostanza utilizzata, alla sanzione e allo sport praticato.
Secondo gli atleti, doveva essere applicato il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (RGPD) perché i loro nomi e cognomi sono effettivamente dati personali, e, in più, i dati relativi alla sanzione e alla sostanza dovevano essere ritenuti come dati personali relativi alla salute. Per l'organizzazione antidoping invece l'attività sportiva è al di fuori del diritto dell'Unione Europea e, pertanto, tale regolamento non andava applicato.
Le conclusioni dell’avvocato Spielmann
L’Avvocato Generale Spielmann, nella sua articolata opinione, ha stabilito che il diritto dell’Unione è applicabile anche a questo ambito, e ha affrontato in modo approfondito la nozione di “dato personale relativo alla salute”. Proprio in questo contesto, viene citato lo studio di Gennari e Casarosa, che analizza come alcuni dati apparentemente neutri (come il numero di passi giornalieri rilevati da una app) possano, se combinati con altri elementi, diventare informazioni idonee a rivelare aspetti sensibili sullo stato di salute di una persona.
L’Avvocato Generale riprende e sviluppa questo concetto, sottolineando che anche dati non sanitari in sé possono assumere natura sanitaria se, letti nel contesto di altri dati disponibili, permettono di trarre inferenze sullo stato di salute. Questo approccio interpretativo, coerente con le riflessioni contenute nell’articolo delle due ricercatrici dell’Istituto Dirpolis, contribuisce alla definizione di “dati sanitari indiretti”, potenzialmente soggetti alla disciplina rafforzata prevista dal RGPD.
Le conclusioni dell’Avvocato Generale non sono vincolanti per la Corte, ma nella maggioranza dei casi vengono seguite dai giudici nella sentenza finale. La citazione dello studio di Gennari e Casarosa rappresenta quindi un contributo rilevante al dibattito europeo sulla protezione dei dati personali, in un settore delicato come quello dell'antidoping e della tutela dei diritti fondamentali degli atleti.