Come possiamo contrastare il cambiamento climatico? Intervista a Roberto Buizza, professore ordinario di Fisica presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa ed esperto di scienza del clima
'Il meteo ed il clima: conoscerli per prevederli’ è il nuovo libro di Buizza pubblicato per Carocci editore: con lui illustriamo il legame tra gli eventi meteo estremi e il cambiamento climatico, e le ragioni per cui è necessario ridurre in modo netto le emissioni di gas serra

Come possiamo contrastare il cambiamento climatico? Il 2024 è stato l’anno più caldo da 125.000 anni e, nei suoi ultimi mesi, abbiamo assistito ad eventi meteo estremi che hanno causato distruzione e morte. Per garantire un futuro sostenibile al pianeta, non è più tempo di riflessioni o teorie: servono atti concreti, a partire dalla politica.
Roberto Buizza, professore ordinario di Fisica presso il Centro di Ricerca interdisciplinare sulla Sostenibilità e il Clima della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, è uno dei massimi esperti di meteorologia e scienza del clima. Nel suo ultimo libro, ‘Il meteo ed il clima: conoscerli per prevederli’ (Carocci Editore), uscito in questi giorni, prova a illustrare i fattori che determinano gli eventi meteo e il clima, il legame tra questi fenomeni e il cambiamento climatico, le cause del cambiamento climatico, e quali sono i Paesi più responsabili della situazione attuale. Insieme a lui, proviamo a tracciare i punti chiave necessari per salvare il pianeta: la riduzione in modo netto le emissioni di gas serra e i comportamenti che ognuno di noi può adottare per offrire un contributo importante alla sostenibilità.
Professor Buizza, ci può raccontare in sintesi il suo ultimo libro?
Da quando ho iniziato a lavorare sul clima, nel 2018, ho notato molta ignoranza e disinformazione sui fenomeni meteo e sul clima, a tutti i livelli della società. Si legge di eventi imprevedibili, quando in realtà se uno guardasse con competenza le previsioni emesse giorni prima, si renderebbe conto che in realtà l’evento era indicato come possibile, con una certa probabilità. Sul clima, si legge che, ad esempio, che biofuel o il gas metano possono venire classificati come ‘verdi’. Ignoranza che in parte spiega perché vengono riportate notizie false sul clima, e perché non stiamo riducendo l’utilizzo dei combustibili fossili come dovremmo. Questo libro ambisce a comunicare ad un pubblico di non-esperti quali eventi meteo possiamo prevedere, e cosa stia succedendo al clima della Terra. Comprendere il meteo, il clima ed il cambiamento climatico, è essenziale per riuscire a identificare come evitare che il cambiamento climatico renda invivibili regioni della Terra sempre più vaste. Ad esempio, nell’ultimo capitolo, rispondo a 20 domande chiave che vengono spesso poste sul cambiamento climatico, e a cui spesso vengono date risposte errate. Risposte errate che vengono poi usate per sostenere decisioni errate che hanno enormi implicazioni sulla nostra e le generazioni future.
Il cambiamento climatico è l’unico ‘responsabile’ degli eventi meteo estremi? Non è che invece spesso si usa lo spettro del cambiamento climatico per mascherare politiche di sfruttamento del territorio?
Il riscaldamento globale sta causando un aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteo estremi. Eventi estremi che causano danni e a volte morti, perché il territorio è stato sfruttato e non è in grado di sopportare l’impatto degli eventi estremi. Investimenti in adattamento (al cambiamento climatico) sono essenziali per ridurre l’impatto del cambiamento climatico. Ma senza politiche di mitigazione, e cioè senza una riduzione drastica ed immediata dell’utilizzo dei combustibili fossili (carbone, olio combustibile, gas metano, biofuel), non risolveremo il problema, dato che il clima continuerà a riscaldarsi, e quindi a causare un ulteriore aumento della frequenza ed intensità degli eventi estremi. Pensate, ad esempio, all’impatto del riscaldamento globale sul livello del mare: politiche di adattamento portano a costruire barriere (il Mose a Venezia, ad esempio) per limitare i danni. Ma se nel frattempo non si smette di utilizzare i combustibili fossili, il clima continuerà a riscaldarsi ed il livello del mare si alzerà ancora di più, e quindi le barriere che avremo costruito diventeranno insufficienti. E’ quindi assolutamente necessario investire sia in politiche di adattamento che di mitigazione: anzi, direi che dovremmo investire proporzionalmente di più in progetti/politiche di mitigazione che di adattamento.
Le politiche attuate dalle potenze mondiali non sembrano andare incontro a principi di sostenibilità e lotta al cambiamento climatico. Quali sono i rischi a cui andiamo incontro?
Le proiezioni riportate nei rapporti IPCC parlano chiaro: continuando come stiamo agendo, la temperatura media globale supererà 3oC prima della fine del secolo, quindi portando il riscaldamento medio globale al doppio del livello attuale. Per il Mediterraneo, questo si tradurrà in un aumento della temperatura media di circa 7.5oC, e per le calotte polari, in valori ancora più alti. Regioni sempre più vaste dell’Africa diventeranno invivibili, e quindi assisteremo ad un aumento delle migrazioni verso l’Europa: per l’Italia, questo si tradurrà in migrazioni dieci volte maggiori di quelle di oggi. Le migrazioni che causeranno tensioni e conflitti, sia interni nei Paesi esposti agli estremi meteo, che esterni, con Paesi limitrofi. In generale, l’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi estremi causerà ancora più danni e morti, soprattutto in quei Paesi che hanno meno risorse per adattarsi (Paesi che spesso non hanno causato il problema). Non esiste un livello accettabile di riscaldamento globale: più a lungo continuiamo ad utilizzare combustibili fossili, più il clima si scalda, maggiori sono i danni ed i morti, e più complesso diventa il problema da risolvere. E’ quindi chiaramente nell’interesse di tutti affrontare il problema, e raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette di gas serra entro il 2050. L’Italia per prima, vista la sua esposizione agli eventi estremi, dovrebbe promuovere la decarbonizzazione, invece che cercare di rallentare gli sforzi verso zero emissioni nette.
Ci può spiegare in breve il suo impegno accademico sui temi del cambiamento climatico
Prima di prendere servizio presso la Scuola Superiore Sant’Anna nel 2018, per 27 anni mi sono occupato di previsioni meteo e del clima, e ho contributo allo sviluppo dei modelli numerici del sistema Terra lavorando presso il Centro Meteorologico Europeo (ECMWF, basato in Inghilterra). Quindi, nel 2018 ho spostato i miei interessi verso il clima, e l’impatto del cambiamento climatico in diversi settori (salute, economia, agricoltura). Con i colleghi di IUSS Pavia e della Scuola Normale Superiore di Pisa, ho disegnato un corso di dottorato nazionale sullo sviluppo sostenibile ed il cambiamento climatico (PhD-SDC). Corso che è stato supportato dal Ministero e da circa 60 università italiane, che nei primi quattro cicli ha finanziato circa 400 borse di dottorato, e che oggi è al quinto ciclo. Sia per la Scuola che per il PhD-SDC tengo corsi su temi di modellistica numerica del sistema terra, caos e predicibilità, e scienza del clima. Penso che educare il maggior numero possibile di studenti, comunicare esattamente cosa sta accadendo al sistema Terra, e cosa succederà a seconda dei diversi scenari di emissione, sia essenziale per indurre il cambiamento. Questo mio libro è un ulteriore contributo per raggiungere tale obiettivo. Abbiamo le tecnologie e le risorse per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette di gas serra entro il 2050, ma manca la volontà politica per farlo. Dato che la decarbonizzazione tocca troppi interessi molto forti, la disinformazione e le pressioni per rallentare il cambiamento sono enormi. Spero che il mio lavoro educativo e di ricerca contribuisca alla realizzazione di una società più giusta, sostenibile e decarbonizzata.