Inizio contenuto principale del sito

  • Istituto di BioRobotica

Biomateriali e ultrasuoni per la rigenerazione della cartilagine e il trattamento dell’osteoartrosi: pubblicati su ACS Nano i risultati del progetto ADMAIORA, coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna

I risultati preclinici sono la premessa per una futura traslazione su paziente. “I test hanno dimostrato l’efficacia di questo paradigma. Il prossimo passo è la sperimentazione del trattamento su paziente” dichiara Leonardo Ricotti, coordinatore del progetto
Data pubblicazione: 11.01.2024
Back to Sant'Anna Magazine

Biomateriali iniettabili che incapsulano cellule staminali e stimolati con ultrasuoni consentono la rigenerazione della cartilagine articolare. Uno studio della Scuola Superiore Sant’Anna, in collaborazione con l’IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli e altri partner nazionali e internazionali, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista ACS Nano.
Lo studio si inserisce nella ricerca per trovare un trattamento efficace all’osteoartrosi, una patologia che affligge milioni di persone nel mondo e che comporta una progressiva degenerazione della cartilagine e dei tessuti circostanti, producendo una ridotta mobilità, dolore cronico e una diminuzione notevole della qualità della vita. Al momento non esistono cure efficaci per questa patologia, con l’unica “arma” rappresentata dall’impianto di una protesi d’anca o di ginocchio, un intervento invasivo e non privo di complicazioni.
L’attività è stata sviluppata nell’ambito del progetto ADMAIORA (ADvanced nanocomposite MAterIals fOr in situ treatment and ultRAsound-mediated management of osteoarthritis), finanziato dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea, grant agreement n. 814413.


Biomateriale innovativo che contiene nanomateriali responsivi agli ultrasuoni

In questa ricerca è stato sviluppato un biomateriale innovativo in grado di incapsulare cellule staminali derivanti da tessuto adiposo, prelevate da paziente in modo minimamente invasivo mediante una liposuzione e successivo processo del tessuto.
Questo biomateriale è facilmente iniettabile nell’articolazione e contiene al suo interno dei nanomateriali responsivi agli ultrasuoni. Se stimolati dall’esterno mediante ultrasuoni (una tecnologia sicura e non invasiva), usando parametri ben regolati, questi nanomateriali sviluppano cariche elettriche che promuovono il differenziamento delle cellule staminali in tessuto cartilagineo maturo. Inoltre, questo stesso stimolo abbassa notevolmente i livelli infiammatori, un aspetto importante, essendo l’osteoartrosi una patologia in cui l’infiammazione cronica gioca un ruolo primario.

“I risultati ottenuti in questo studio dimostrano l’efficacia di questo paradigma terapeutico in vitro, usando cellule umane, e la sicurezza di questo approccio a livello preclinico” dichiara Leonardo Ricotti, responsabile del ‘Regenerative Technologies Lab’ dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna. “Attualmente sono in corso test preclinici di efficacia, che termineranno nei prossimi mesi, dopodiché punteremo a una traslazione su paziente. Questo passaggio richiederà un futuro ulteriore finanziamento, attualmente non disponibile, ma che stiamo già cercando”.
“Ci sono tantissime persone affette da questa patologia che ci hanno contattati e che sperano nei risultati di questa ricerca per migliorare la loro qualità della vita” continua Ricotti. “Questo per noi è uno stimolo ulteriore per fare del nostro meglio, proseguendo nella ricerca allo scopo di fornire loro una nuova possibile terapia nei prossimi anni”.

La Dottoressa Gina Lisignoli, ricercatrice dell’Istituto Ortopedico Rizzoli aggiunge: “Gli incoraggianti risultati raggiunti finora con questi studi preclinici sono stati possibili solo grazie ad una continua collaborazione tra competenze biologico cliniche dei professionisti del Rizzoli, nell’ambito della rigenerazione del tessuto cartilagineo, unite a quelle più tecnologiche ingegneristiche della Scuola Superiore Sant’Anna. L’unione di intenti, competenze e l’interscambio continuo delle informazioni, è stata la chiave di volta che ci ha permesso di fronteggiare le difficoltà durante il progetto, consentendo ogni volta di trovare soluzioni adeguate. Solo grazie alla continua condivisione dei dati è stato possibile raggiungere questo primo importante traguardo e ora ci auguriamo di poter proseguire questo percorso per offrire una nuova possibilità di cura ai pazienti”.


Link allo studio: https://pubs.acs.org/doi/10.1021/acsnano.3c08738