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Presentato lo studio realizzato dal Sant'Anna tra le dipendenti straniere della cooperativa Cooplat: l'occupazione come motore dell'integrazione

Data pubblicazione: 09.12.2014
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La maggior parte di loro ha lasciato il Paese d'origine per colpa della crisi economica. Per questo, adesso che hanno trovato un'occupazione, il lavoro è in cima alla lista delle loro priorità.

È il quadro che emerge dalla ricerca "Che genere di diversity? Una lente di genere su integrazione lavorativa e cittadinanza" condotta dall'Istituto Dirpolis della Scuola Superiore Sant'Anna tra le donne straniere occupate in Cooplat, la cooperativa fiorentina di servizi tra le maggiori impegnate in Italia nei settori dell'ecologia e del facility management con quasi tremila addetti e un fatturato di 85 milioni di euro nel 2013. Lo studio è stato presentato in questi giorni alla Biblioteca Nazionale di Firenze alla presenza del presidente della cooperativa Fabrizio Frizzi, di Anna Loretoni, docente dell'Istituto Dirpolis e responsabile scientifica della ricerca, e Alessia Belli, assegnista della Scuola Superiore Sant'Anna, autrice dell'indagine. Presenti inoltre l'assessore regionale al Lavoro Gianfranco Simoncini e l'assessore al Personale del Comune di Firenze Federico Gianassi, intervenuti alla tavola rotonda Lavoro valore di cittadinanza coordinata dal presidente di Legacoop servizi Toscana Angelo Migliarini.

34 le donne straniere coinvolte nella ricerca, nata grazie a un progetto del Fondo sociale europeo che ha visto anche il coinvolgimento della Regione Toscana, e realizzata a partire dal settembre 2012. Età compresa tra i 20 e i 50 anni, le intervistate arrivano per lo più dai Paesi dell'est Europa (Romania, Albania, Ucraina), Africa settentrionale (Tunisia, Algeria, Marocco) e America latina (Colombia).

“Al di là delle differenti storie alle spalle di ognuna, ciò che oggi accomuna la maggior parte delle intervistate è il forte senso di appartenenza alla cooperativa, la consapevolezza – spiega Alessia Belli – di trovarsi in un ambiente che accoglie la loro voce e ne ascolta le esigenze. La maggior parte parla di un'integrazione sul posto di lavoro che le ha aiutate a sentirsi a casa nel Paese in cui sono arrivate da migranti. Oggi, anzi, il timore è che la crisi economica possa allentare questa stretta relazione, il dialogo tra i dipendenti e l'azienda”.